Un lettore mi ha recentemente scritto per criticare leggermente il fatto che ho chiamato La fattoria degli animali e Nineteen Eighty-Four di George Orwell “cult-classics”, suggerendo che invece meritano il termine inferiore “lettura obbligatoria”. Quindi cos’è esattamente un classico, e perché dovrebbe interessarci? Richard J. Smith, discutendo l’antico ed iconico Libro dei Mutamenti cinese, ha offerto una definizione in quattro punti e Simon Crtichley ci ha mostrato come leggerli. Ma forse la domanda più essenziale è perché i classici dovrebbero essere letti. Questo è esattamente ciò che l’amato scrittore italiano Italo Calvino (15 ottobre 1923 – 19 settembre 1985) affronta nel suo libro del 1991 Perché leggere i classici? (biblioteca pubblica) – una sorta di “classico” a tutti gli effetti.
In questa raccolta di saggi sulla letteratura classica, Calvino produce anche queste 14 definizioni di un “classico”:
I classici sono quei libri dei quali di solito si sente dire: ‘Sto rileggendo…’, mai ‘Sto leggendo….
I classici sono quei libri che costituiscono un’esperienza preziosa per coloro che li hanno letti e amati; ma rimangono un’esperienza altrettanto ricca per coloro che riservano la possibilità di leggerli per quando sono nelle condizioni migliori per goderne.
I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare, sia quando si imprimono nella nostra immaginazione come indimenticabili, sia quando si nascondono negli strati della memoria travestiti da inconscio individuale o collettivo.
Un classico è un libro che ad ogni rilettura offre lo stesso senso di scoperta della prima lettura.
Un classico è un libro che anche quando lo si legge per la prima volta dà la sensazione di rileggere qualcosa che si è già letto.
Un classico è un libro che non ha mai esaurito tutto ciò che ha da dire ai suoi lettori.
I classici sono quei libri che arrivano a noi con l’aura delle interpretazioni precedenti, e che si trascinano dietro le tracce che hanno lasciato nella cultura o nelle culture (o solo nelle lingue e nei costumi) attraverso cui sono passati.
Un classico è un’opera che genera costantemente intorno a sé una nuvola pulviscolare di discorsi critici, ma che sempre si scrolla di dosso le particelle.
I classici sono libri che, quanto più pensiamo di conoscere per sentito dire, tanto più li troviamo originali, inaspettati e innovativi quando li leggiamo davvero.
Un classico è il termine dato a qualsiasi libro che arriva a rappresentare l’intero universo, un libro alla pari degli antichi talismani.
Il ‘tuo’ classico è un libro al quale non puoi rimanere indifferente, e che ti aiuta a definirti in relazione o addirittura in opposizione ad esso.
Un classico è un’opera che viene prima di altri classici; ma chi ha letto prima altri classici riconosce subito il suo posto nella genealogia delle opere classiche.
Un classico è un’opera che relega il rumore del presente a un ronzio di fondo, di cui allo stesso tempo i classici non possono fare a meno.
Un classico è un’opera che persiste come rumore di fondo anche quando regna un presente totalmente incompatibile con essa.
Forse la più poetica è l’undicesima definizione di Calvino, che esprime l’idea che c’è spazio per la soggettività anche in un termine così deterministicamente universale come “classico”, e offre una risposta arguta al lettore pignolo: “Il ‘tuo’ classico è un libro al quale non puoi rimanere indifferente, e che ti aiuta a definire te stesso in relazione o anche in opposizione ad esso.”
Complemento con Calvino sui diritti civili, i due tipi di scrittori, la fotografia e l’arte della presenza, e come affermarsi e vivere con integrità.