Questo articolo è una sintesi delle informazioni geologiche e geofisiche oggi disponibili sulla tettonica delle strutture continentali artiche nel tardo Precambriano-Paleozoico. Proponiamo una nuova prospettiva sulla storia dell’Arctida – una massa continentale che univa i blocchi sialici dell’attuale piattaforma eurasiatica dell’Oceano Artico. Sulla base di nuovi materiali, compresi i dati paleomagnetici, presentiamo una serie di ricostruzioni paleotettoniche che riflettono le principali fasi evolutive e i meccanismi della struttura dell’Arctida dal primo Neoproterozoico al Mesozoico. Dimostriamo il ruolo dei blocchi continentali dell’Artico nella deriva globale delle placche litosferiche dalla rottura della Rodinia all’assemblaggio della Pangea. Dal modello presentato proponiamo l’esistenza di due (!) subcontinenti artici nella storia neoproterozoica-paleozoica della Terra. Arctida-I era un collage di antichi blocchi di crosta artica sialica all’interno della Rodinia nella zona di giunzione tra i cratoni Laurentia, Siberia e Baltica. Durante la rottura della Rodinia questo subcontinente fu distrutto con la formazione di una serie di piccole placche continentali come Kara, Svalbard e, probabilmente, le Nuove Isole Siberiane (NSI), che è solitamente considerato come parte del terrane composito Chukchi-Alaska. Al momento della sua rottura, Arctida-I era in posizione subequatoriale. La tettonica post-rifting delle piccole placche appena formate era strettamente associata a strike-slips che hanno giocato un ruolo determinante sia nelle fasi di apertura che di chiusura degli oceani paleozoici. La rinascita di Arctida era dovuta all’assemblaggio di Pangea al limite Paleozoico-Mesozoico. Consideriamo Arctida-II un subcontinente di nuova formazione che componeva il margine di piattaforma di Pangea alle latitudini temperate dell’emisfero settentrionale, e collegava nuovamente i margini di Laurentia, Baltica e Siberia.

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