Alla luce della crisi dei rifiuti di plastica che affligge il pianeta, una nuova soluzione potrebbe risiedere in un tipo di verme che può biodegradare la plastica. I vermi di cera potrebbero essere distribuiti su una scala abbastanza grande da avere un impatto significativo?

Il polietilene (PE) è un tipo di plastica derivata dal petrolio. È la plastica più comunemente usata e ha un’ampia varietà di usi, tra cui borse della spesa, giocattoli per bambini e imballaggi alimentari. Il PE soddisfa circa il 40% della domanda totale di imballaggi in plastica nei prodotti e il suo impatto sull’ambiente è significativo in quanto non è biodegradabile. Viene smaltito attraverso l’incenerimento, la degradazione chimica, così come nelle discariche, che degradano ulteriormente l’ambiente.

Il mercato globale del PE era di 103,49 miliardi di dollari nel 2018 e si prevede di raggiungere 143,30 miliardi di dollari entro il 2026, illustrando un aumento esponenziale della domanda della sostanza nonostante la crescente spinta verso un’economia verde.

Una nuova soluzione per alleviare questa crisi potrebbe risiedere nei vermi di cera. In una scoperta casuale, la scienziata Frederica Bertocchini ha scoperto che questi vermi creano dei buchi in un sacchetto di plastica. Per sviluppare la sua scoperta, ha collaborato con scienziati dell’Università di Cambridge e ha confermato, attraverso diversi esperimenti, che i vermi sono in grado di rompere i legami chimici del PE.

Da solo, il PE impiega centinaia di anni per decomporsi a seconda della sua forma e del suo utilizzo. Per esempio, un sacchetto di plastica può impiegare fino a 10-20 anni per decomporsi, mentre le bottiglie di plastica possono impiegare 450 anni. Anche con la degradazione chimica, ci vogliono diversi mesi per decomporsi. In uno studio, gli scienziati hanno scoperto che 100 vermi della cera sono stati in grado di biodegradare 92 milligrammi di PE in 12 ore, o circa 2,2 fori all’ora per verme.

Come fanno i vermi della cera a mangiare la plastica?

La risposta sta nella fisiologia del verme. Le tarme della cera depongono le loro uova negli alveari per permettere ai vermi della cera di nutrirsi di cera d’api. Sia il PE che la cera d’api sono polimeri composti da legami chimici simili. Si pensa che la capacità dei vermi di scomporre la cera d’api sia simile a quella della loro capacità di scomporre la plastica.

Tuttavia, non è ancora chiaro se questa capacità derivi da enzimi che si trovano sulla pelle del verme della cera o da microbi che si trovano nel suo intestino. Per escludere la degradazione meccanica da parte dei vermi della cera che masticano e sgranocchiano la plastica, gli scienziati hanno creato una miscela di vermi della cera schiacciati e l’hanno spalmata su un sottile foglio di plastica PE per due ore. I risultati hanno mostrato che la miscela di vermi morti ha fatto, infatti, biodegradare il PE a un tasso ancora più alto dei vermi vivi.

In un recente studio dell’Università di Pondicherry in India, i ricercatori hanno trovato risultati simili in una specie più piccola di verme della cera, con un tasso di biodegradazione di 2,01 fori all’ora nella pellicola PE. Un elemento chiave di questo studio ha confrontato i tassi di sopravvivenza tra i vermi della cera che si nutrono solo di PE e quelli che seguono le diete tradizionali dei vermi della cera. I vermi che avevano una dieta a pettine di cera avevano un tasso di sopravvivenza del 92%, mentre i vermi di cera con una dieta a base di PE avevano un tasso di sopravvivenza dell’80%. Il PE di per sé non contiene abbastanza nutrimento per i vermi e quei vermi che sono sopravvissuti hanno fatto ricorso a mangiare i morti per nutrirsi.

Questo solleva la questione dell’etica e potrebbe causare un conflitto con i gruppi per i diritti degli animali se questo concetto di gestione dei rifiuti plastici dovesse essere realizzato su larga scala. L’aggiunta di sostanze nutritive alle miscele di PE potrebbe risolvere questo problema, ma potrebbe richiedere più risorse.

A parte questo, se i vermi della cera fossero accidentalmente rilasciati in natura, le popolazioni di api in difficoltà potrebbero essere gravemente colpite. I vermi della cera sono considerati parassiti dalla maggior parte degli apicoltori in quanto possono rapidamente distruggere e masticare i favi.

Tuttavia, alla luce di queste preoccupazioni etiche e ambientali, l’idea non dovrebbe forse essere quella di produrre milioni di vermi della cera nelle fattorie, ma piuttosto di isolare ed estrarre l’enzima o i batteri responsabili della degradazione del PE e creare una soluzione enzimatica industriale per un uso su larga scala.

L’aspetto finanziario della creazione di enzimi industriali è noto per essere piuttosto costoso e può fungere da barriera per il mercato globale. L’estrazione, la purificazione e il contenimento degli enzimi sono complessi e richiedono attrezzature specifiche. Questa è una barriera simile che impedisce il successo commerciale del bioetanolo come alternativa più pulita ai combustibili non rinnovabili a causa degli alti costi commerciali degli enzimi cellulasici. Ma se questa soluzione per il problema dei rifiuti di PE si dimostrasse fattibile, forse questi alti costi potrebbero essere sovvenzionati dai governi e da altri partiti pro-ambiente.

I vermi cerosi non sono gli unici vermi che sono in grado di biodegradare specifici tipi di plastica; i vermi della farina sono anche noti per biodegradare la schiuma di polistirolo. La soluzione per risolvere la crisi dei rifiuti plastici richiederà la collaborazione di molte industrie, una delle quali potrebbe essere l’uso del verme della cera. Nel complesso, il potenziale delle soluzioni biochimiche è molto promettente e dovrebbe essere esplorato ulteriormente.

admin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

lg