INTRODUZIONE

L’intolleranza all’esercizio fisico è il sintomo principale dell’insufficienza cardiaca diastolica cronica (DHF). Questo capitolo discute gli aspetti fondamentali della fisiologia dell’esercizio e la valutazione, la fisiopatologia e il potenziale trattamento dell’intolleranza all’esercizio associato alla DHF.

L’intolleranza all’esercizio è centrale per la definizione stessa di insufficienza cardiaca, così come la sua fisiopatologia, la diagnosi, la prognosi e la terapia. L’insufficienza cardiaca è definita come una sindrome in cui la portata cardiaca è insufficiente a soddisfare le richieste metaboliche. Inerente in questa definizione è che le conseguenze di una portata cardiaca insufficiente saranno espresse sintomaticamente. Infatti, mentre la storia naturale dell’insufficienza cardiaca è punteggiata da occasionali episodi di scompenso acuto con sovraccarico di volume sistemico ed edema polmonare,1,2 i principali sintomi cronici nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica, sia associati a una frazione di eiezione ridotta che normale, sono la fatica da sforzo e la dispnea.3 Inoltre, questi sintomi sono i principali determinanti della qualità della vita correlata alla salute dei pazienti. Inoltre, le misure di tolleranza all’esercizio sono potenti predittori indipendenti di mortalità.4,5

La gravità dell’intolleranza all’esercizio può essere quantificata con una varietà di metodi. Questi includono valutazioni semiquantitative, come interviste (classificazione della New York Heart Association) e sondaggi (questionari Minnesota Living with Heart Failure e Kansas City Cardiomyopathy), e metodi quantitativi, tra cui test di camminata cronometrati (6 minuti di cammino) e test da sforzo graduato su tapis roulant o bicicletta.

I test da sforzo cardiopolmonare su un tapis roulant motorizzato o su un cicloergometro forniscono la valutazione più accurata e affidabile della tolleranza all’esercizio e producono molteplici risultati importanti, tra cui il tempo di esercizio, il carico di lavoro, il prodotto velocità-pressione e gli equivalenti metabolici (MET). Il consumo di ossigeno di picco (VO2) e la produzione di anidride carbonica (VCO2) possono essere misurati simultaneamente tramite l’analisi dei gas espirati utilizzando strumenti affidabili e altamente automatizzati. La qualità dei dati sull’esercizio, e in particolare se il paziente ha fatto uno sforzo massimale o quasi massimale, può essere valutata non solo dalle scale di sforzo percepito, come la scala di Borg, e la percentuale di frequenza cardiaca massimale prevista dall’età, ma anche dal rapporto di scambio respiratorio, che non è distorto da altre variabili. Oltre a valutare la capacità di esercizio di picco con il VO2 di picco, la capacità di esercizio submassimale può essere valutata determinando la soglia anaerobica ventilatoria. La capacità di esercizio submassimale è più applicabile alla vita quotidiana ed è relativamente indipendente dallo sforzo. Abbiamo dimostrato che le misurazioni del picco e della soglia anaerobica ventilatoria con strumenti automatici sono valide e altamente riproducibili in pazienti anziani con insufficienza cardiaca diastolica e sistolica (Fig. 17-1). Oltre a queste variabili chiave, il test da sforzo cardiopolmonare con analisi dei gas espirati può valutare la pendenza della ventilazione espirata (VE)/VCO2, che è un potente predittore di sopravvivenza, indipendente dal VO2.6

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