L’anemia, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come una concentrazione di emoglobina <13 g/dL per gli uomini e <12 g/dL per le donne1, è una complicazione molto comune nell’immediato periodo post-operatorio, essendo presente fino al 90% dei pazienti dopo interventi chirurgici maggiori2. L’anemia post-operatoria può essere di origine multifattoriale, con anemia preesistente, perdita di sangue peri-operatoria, frequenti prelievi di sangue e inadeguato apporto nutrizionale dopo l’intervento tutti potenzialmente avere un ruolo3. Nei pazienti oncologici sottoposti a resezione chirurgica di un tumore, l’anemia post-operatoria è un dato quasi invariabile legato, oltre alle cause di cui sopra, alle perdite ematiche croniche, soprattutto nei pazienti con cancro colorettale, e alla chemioterapia e/o radioterapia precedente o concomitante4. Inoltre, l’aumento dei livelli di epcidina legato all’infiammazione inibisce l’assorbimento intestinale del ferro e il suo rilascio dalle riserve, aggravando così la già presente anemia da carenza di ferro5. L’anemia peri-operatoria ha effetti deleteri sulla salute dei pazienti, essendo associata a una prolungata ospedalizzazione, un aumento del tasso di complicanze post-operatorie (soprattutto infezioni) e, infine, un peggioramento della sopravvivenza6.

La gestione dell’anemia peri-operatoria è un pilastro fondamentale dei programmi di Patient Blood Management (PBM), che vengono progressivamente anche se irregolarmente implementati in tutto il mondo. La PBM è una strategia multidisciplinare e multimodale incentrata sul paziente, volta a ridurre al minimo l’uso di emoderivati e a migliorare il risultato dei pazienti7-9. All’interno di un programma PBM, la gestione dell’anemia dovrebbe idealmente essere iniziata diverse settimane prima dell’intervento chirurgico, ma ogni tempo disponibile dovrebbe essere utilizzato10. Nel contesto post-operatorio, un approccio basato sul PBM all’anemia dopo l’intervento chirurgico promuove una cura personalizzata volta a raggiungere livelli di emoglobina tali da evitare o ridurre la somministrazione di trasfusioni di sangue allogenico. Questo dovrebbe essere seguito dalla correzione dell’anemia post-operatoria nel più breve tempo possibile, per facilitare il recupero funzionale dei pazienti e migliorare la loro qualità di vita. Sia le misure trasfusionali che quelle non trasfusionali sono state proposte per il periodo post-operatorio nell’ambito di un programma PBM2. Le prime comprendono misure trasfusionali restrittive come soglie ridotte di trasfusione di globuli rossi (per esempio, 7-8 g/dL) e una politica di trasfusione a unità singola11-13 , le seconde comprendono strategie non farmacologiche (per esempio riduzione della frequenza e del volume delle flebotomie diagnostiche, uso di dispositivi di conservazione del sangue chiusi in linea, salvataggio delle cellule durante le procedure chirurgiche) e agenti farmacologici per controllare la coagulopatia e stimolare l’eritropoiesi9.

Poiché la carenza di ferro è una caratteristica quasi invariabile dell’anemia post-operatoria, l’integrazione di ferro è l’obiettivo principale di un approccio basato sulla PBM. La gestione della carenza di ferro con ferro orale nell’immediato periodo post-operatorio ha un ruolo molto limitato a causa dello scarso assorbimento, della durata d’azione e dei notevoli effetti collaterali, e non è attualmente raccomandata14. Al contrario, la somministrazione post-operatoria di ferro per via endovenosa, con o senza agenti stimolanti l’eritropoiesi, si è rivelata un modo sicuro ed efficace per correggere l’anemia dopo una varietà di operazioni importanti15-17. Attualmente, sei formulazioni di ferro per via endovenosa (gluconato di ferro, saccarosio di ferro, destrano di ferro a basso peso molecolare, carbossimaltosio ferrico, isomaltoside di ferro e ferumoxytol) sono disponibili in Europa e/o negli USA: questi prodotti sono stati molto raramente associati a gravi eventi avversi18. Come evidenziato da una recente meta-analisi di 103 studi comprendenti quasi 20.000 pazienti, la terapia con ferro per via endovenosa non è stata associata a un aumento del rischio di eventi avversi gravi (rapporto di rischio 1,04; intervallo di confidenza 95% 0,93-1,17) o di infezioni (RR 0,96; 95% CI 0,63-1,46), rispetto al ferro orale o intramuscolare, a nessun ferro o al placebo19. In grandi studi osservazionali, ferro endovenoso peri-operatorio non ha avuto un impatto negativo sui tassi di infezione o mortalità di 30 giorni in pazienti chirurgici14.

In un recente studio prospettico randomizzato, Khalafallah e colleghi20 hanno riferito che una singola infusione endovenosa post-operatoria di carbossimaltosio ferrico (800-1.000 mg) dopo grandi interventi chirurgici ortopedici, addominali o genitourinari ha migliorato significativamente le concentrazioni di emoglobina e ferritina, diminuito il numero di trasfusioni e ridotto la durata della degenza in pazienti trattati rispetto ai controlli. Risultati simili sono stati osservati nello studio retrospettivo e monocentrico condotto da Laso-Morales e colleghi su 159 pazienti sottoposti a chirurgia del cancro colorettale e pubblicato in questo numero di Blood Transfusion21. Rispetto alle cure standard, la somministrazione endovenosa post-operatoria di saccarosio di ferro (200 mg fino a tre volte a settimana) ai pazienti anemici ha accelerato il recupero dei livelli di emoglobina senza eventi avversi. Anche se preliminari, questi risultati sono molto importanti e aprono la strada alla conduzione di studi randomizzati controllati che valutano i benefici e la sicurezza del ferro per via endovenosa per il trattamento dell’anemia post-operatoria in questo particolare ambiente chirurgico.

In conclusione, per la maggior parte dei pazienti, l’uso appropriato della supplementazione di ferro è una parte essenziale della corretta gestione dell’anemia post-operatoria. Ci si aspettano maggiori sforzi dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali e dalle società mediche per sensibilizzare i medici sul fatto che il miglioramento dell’esito post-operatorio dei loro pazienti dipende in parte dalla tempestiva integrazione di ferro post-operatoria, alla giusta dose e con la giusta formulazione.

admin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

lg