Q. Come giovane redattore di una rivista, sono stato addestrato a scrivere “TK” per indicare che l’informazione o il testo è “a venire”. L’abitudine mi è rimasta, anche se ha molto più senso usare “TBD” (da decidere) o qualche altra abbreviazione (corretta). Cosa significa veramente “TK”, e perché lo usiamo?
A. Secondo il Dizionario delle Abbreviazioni (9a ed., 1995), di Ralph De Sola, Dean Stahl, e Karen Kerchelich, tk (solo questa forma minuscola è elencata) significa to kum ed è “un’espressione dello stampatore che significa materiale in arrivo”. Ricordo di aver usato l’abbreviazione nelle stanze di composizione e spolvero di una tipografia (negli anni ’80), e mi è sempre piaciuto che fosse tk e non tc, come se le iniziali fossero una sorta di segreto commerciale noto solo agli stampatori. Da allora ho imparato, come editore di manoscritti che deve comunicare su varie bozze di manoscritto o prove di stampa ad autori, designer di libri, compositori e altri, a non usare tk. È meglio essere più diretti e specifici. Per esempio, usare punti o zeri in grassetto (— o 000) per sostituire i numeri di pagina che non possono essere determinati finché un manoscritto non è impaginato come un libro (ma vedi CMOS 2.35). Per elementi come le figure mancanti, descrivi esattamente cosa manca. In ambienti elettronici, si può ricorrere a funzioni di commento come la sintassi <!–commento–> di XML e HTML, che permette istruzioni descrittive che non interferiranno con la versione finale di un documento. Assicuratevi che qualsiasi cosa facciate fermi il progetto in qualche punto prima della pubblicazione.