Storia
Sembra certo che Pompei, Ercolano e le città vicine furono colonizzate da discendenti di lingua osca degli abitanti neolitici della Campania. Le prove archeologiche indicano che il villaggio osco di Pompei, strategicamente situato vicino alla foce del fiume Sarnus, passò presto sotto l’influenza dei greci colti che si erano stabiliti dall’altra parte della baia nell’VIII secolo a.C. L’influenza greca fu sfidata, tuttavia, quando gli Etruschi arrivarono in Campania nel 7° secolo. L’influenza degli Etruschi rimase forte fino a quando la loro potenza marittima fu distrutta dal re Siracusano Gerone I in una battaglia navale al largo di Cuma nel 474 a.C. Seguì un secondo periodo di egemonia greca. Poi, verso la fine del V secolo, i bellicosi Sanniti, una tribù italica, conquistarono la Campania, e Pompei, Ercolano e Stabia divennero città sannitiche.
Pompei è menzionata per la prima volta nella storia nel 310 a.C., quando, durante la seconda guerra sannitica, una flotta romana sbarcò al porto di Pompei di Sarnus e da lì fece un attacco senza successo alla vicina città di Nuceria. Alla fine delle guerre sannitiche, la Campania divenne parte della confederazione romana, e le città divennero “alleate” di Roma. Ma non furono completamente sottomesse e romanizzate fino al tempo della guerra sociale. Pompei si unì agli italiani nella loro rivolta contro Roma in questa guerra e fu assediata dal generale romano Lucio Cornelio Silla nell’89 a.C. Dopo la guerra, Pompei, insieme al resto dell’Italia a sud del fiume Po, ricevette la cittadinanza romana. Tuttavia, come punizione per la parte di Pompei nella guerra, vi fu stabilita una colonia di veterani romani sotto Publio Silla, il nipote del generale romano. Il latino sostituì l’osco come lingua ufficiale, e la città divenne presto romanizzata nelle istituzioni, nell’architettura e nella cultura.
Una rivolta nell’anfiteatro di Pompei tra pompeiani e nuceriani, nel 59 ce, è riportata dallo storico romano Tacito. Un terremoto nel 62 ce fece grandi danni sia a Pompei che a Ercolano. Le città non si erano ancora riprese da questa catastrofe quando la distruzione finale le colpì 17 anni dopo.
Il Vesuvio eruttò il 24 agosto 79 ce. Una vivida testimonianza è conservata in due lettere scritte da Plinio il Giovane allo storico Tacito, che si era informato sulla morte di Plinio il Vecchio, comandante della flotta romana a Miseno. Plinio il Vecchio si era precipitato da Miseno per aiutare la popolazione colpita e per vedere da vicino i fenomeni vulcanici, ed era morto a Stabiae. Gli scavi del sito e gli studi vulcanologici, in particolare nel tardo 20° secolo, hanno fatto emergere ulteriori dettagli. Subito dopo mezzogiorno del 24 agosto, frammenti di cenere, pomice e altri detriti vulcanici cominciarono a riversarsi su Pompei, coprendo rapidamente la città ad una profondità di più di 9 piedi (3 metri) e facendo cadere i tetti di molte case. Le ondate di materiale piroclastico e di gas riscaldato, note come nuées ardentes, raggiunsero le mura della città la mattina del 25 agosto e presto asfissiarono i residenti che non erano stati uccisi dalla caduta dei detriti. Ulteriori flussi piroclastici e piogge di cenere seguirono, aggiungendo almeno altri 9 piedi di detriti e conservando in una coltre di cenere i corpi degli abitanti che perirono mentre si rifugiavano nelle loro case o tentavano di fuggire verso la costa o per le strade che portavano a Stabiae o Nuceria. Così Pompei rimase sepolta sotto uno strato di pietre pomici e cenere profondo da 19 a 23 piedi (da 6 a 7 metri). L’improvvisa sepoltura della città servì a proteggerla per i successivi 17 secoli dal vandalismo, dai saccheggi e dagli effetti distruttivi del clima e del tempo.